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Ordinò il suo
espresso schiumato con polvere di cannella e si sedette accanto a quell’artista
dallo sguardo intenso quanto il sapore dell’arabica. Era concentrato nella sua
opera in bianco e nero, Matilde, che era un po’ impertinente e un po’ coraggiosa,
non resistette a parlare: “Ciao, perché due tazzine da caffè?...comunque sembra
che dal foglio ne esca anche il profumo, anche l’atmosfera…due sconosciuti che aspettano
un treno sorseggiando la bevanda scura della “scusa” e della condivisione. Scusa
ma non riesco mai a tenere la bocca chiusa e creare storie intorno alle cose
che accadono”. Lui sollevò gli occhi e le sorrise nemmeno troppo stupito. “Ciao,
mi chiamo Daniele, odio le attese e quindi mi invento sempre un modo per passare il
tempo e per cogliere il momento con uno schizzo…è un po’ come una fotografia.” Matilde
aveva incontrato qualcuno con la stessa sensibilità un po’ folle e un po’
curiosa. “Ma perché due tazzine da caffè?”.
“Perché attorno
a due tazzine da caffè avviene il mondo!” rispose lui.
Il rumore del
ferro sulle rotaie e delle chiacchiere della gente sembrava solo un sottofondo
senza senso, Matilde osservava quell’uomo che muoveva la china come se componesse
una musica, che e tracciava i contorni
di un momento di vita vera, e le venne spontaneo chiedergli “Che treno stai
aspettando? Io vado a Milano…verresti con me a disegnare i caffè della città? Io
adoro il caffè per quello che rappresenta e oggi ho deciso di fotografarlo! Fotografare
non è un gesto di pura tecnica, bisogna cogliere la poesia che sta davanti all’obiettivo,
interpretarla, darle voce o darle silenzio.” L’altoparlante interruppe la
risposta: regionale per Milano sul binario 3. Daniele chiuse l’album e con un
cenno invitò Matilde a seguirlo. Salirono insieme sulla carrozza numero 7.
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